Violenza di genere e Femminicidio

Violenza di genere e Femminicidio

Il femminicidio, ovvero l’omicidio di donne in quanto donne, evidenzia la motivazione della violenza basata sull’identità di genere. Il femminicidio spesso è l’ultimo atto eclatante di una violenza che si esercita prima di tutto tra le mura domestiche, all’interno della famiglia ad opera di partner violenti o di ex partner che si rifiutano di essere tali. La società ha sempre avuto una matrice maschilista. Per secoli le donne sono state svalutate, discriminate, “dominate”, considerate inferiori, ed oggi, anche se esse soprattutto in occidente occupano posizioni rilevanti, restano vittime di stereotipi sessisti e di  disvalori culturali come il concetto di possesso e di appartenenza. Infatti anche la donna del terzo millennio è in parte prigioniera delle tradizioni e del potere culturale maschile poichè continua a sussistere una disparità tra i riconoscimenti dati ai due generi. Per ottenere che lo stupro venisse definito nel codice penale come reato contro la persona e non contro la morale, infatti il percorso è stato difficile perché le resistenze a punire gli stupratori e riconoscere lo stupro in famiglia furono tante (Barbara Spinelli, “Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale”, Franco Angeli, 2008).

 

L’uccisione della compagna reca l’impronta di una cultura ancora convinta che l’uomo possa possedere la propria amata costringendola anche con la forza ad accettare questo legame. Il femminicidio, espressione massima dell’intenzione di possedere un altro essere umano, infatti si compie quando la partner o viene considerata colpevole di aver trasgredito ad un ruolo sociale docile e remissivo in cui è l’uomo a dover decidere per entrambi mentre lei subisce passivamente, oppure quando l’uomo non è in grado di tollerare il vissuto abbandonico e la rottura del legame sentimentale sottesi al rifiuto della donna (Cinzia Romito, “La violenza di genere su donne e minori”, Franco Angeli, 2011). E’ importante che la donna abbia una buona autostima, che sappia riconoscere di avere un rapporto emotivo “patologico” con un uomo, che ne riconosca le prime avvisaglie disfunzionali e si tuteli allontanandolo. Infatti spesso la situazione precipita poiché tende a giustificare o minimizzare le condotte aggressive del partner o ad attribuire a sé la responsabilità del comportamento violento di lui.  A volte la violenza dell’uomo è interpretata addirittura come sinonimo di amore ed interesse, fino al punto di assolverlo, proteggerlo.

Chiedere aiuto psicologico -oltre che alle autorità preposte- è il primo passo per spezzare la ripetitività ed affrontare un percorso di “rottura” del circolo vizioso e pericoloso che la tiene soggiogata all’uomo, individuando i passi da attuare per identificare le vie di uscita che salvaguardino la propria vita e quella degli eventuali figli. Spesso, per una donna maltrattata e/o violentata (sessualmente, fisicamente o psicologicamente), sostenere l’accusa è un atto di coraggio perché può accadere che venga colpevolizzata per la violenza subita. Tuttavia è fondamentale denunciare l’abuso per farsi rispettare, per riconoscersi un valore e denunciare una ferita subita chiedendo il riconoscimento “sociale” oltre che personale dell’offesa patita.



× Buongiorno come posso aiutarla?