Tatuaggio: segno dell’anima

Tatuaggio: segno dell’anima

Quella dei tatuaggi non è una moda recente poiché essi risalgono agli inizi della storia umana quando gli uomini primitivi contrassegnavano il proprio corpo con incisioni irreversibili, una tradizione che si è mantenuta ed evoluta in molte civiltà. Esso ha accompagnato l’evoluzione dell’uomo rappresentandone una carta d’identità individuale, unica ed irripetibile, ma ognuno vi ha attribuito un significato simbolico differente: rito di passaggio all’età adulta, appartenenza spirituale ad un gruppo religioso, elemento politico, trasgressivo, decorativo. In ogni caso l’esigenza psicologica che sta dietro a questa scelta sembra risiedere in una ricerca d’identità, il bisogno di rappresentare il proprio Io, la propria essenza, un bisogno oggi sempre più sentito da persone di tutte le età. Infatti, in un’epoca storica caratterizzata dalla globalizzazione che tende a portare tutti gli esseri allo stesso livello, i singoli sentono sempre più forte l’esigenza di distinguersi dalla massa dei tutti ed affermare la loro unicità rendendosi inconfondibili come le impronte digitali.

 

Oltre che corrispondere ad un bisogno personale il tatuaggio è anche una modalità comunicativa che può essere divertente, provocatoria, violenta. La pelle avvolge il corpo proteggendo tutto quello che è “all’interno” da quello che è “fuori” di sè. Essa rappresenta la scorza, il contenitore. Simbolicamente, ricoprirla, foderarla attraverso il linguaggio universale delle immagini, rimanda al bisogno di “cambiare pelle”, di apparire diversi da come si è o di esibire qualcosa di intimo di sé che altrimenti si esprimerebbe con maggiore difficoltà e minor immediatezza. Il corpo così si trasforma in uno strumento per ottenere visibilità, per parlare di sé e delle proprie passioni o per farsi ascoltare, per esibire il proprio corpo inviando messaggi erotici o aggressivi. Per gli adolescenti, il tatuaggio può essere un modo per affermare una personalità ancora in via di costruzione, un modo per manifestare la propria forza e coraggio o per esprimere la propria appartenenza al gruppo di coetanei e sentirsi meno soli. In tal caso il desiderio di essere accettati spinge all’imitazione. Vietare il tatuaggio senza aver capito le ragioni profonde di tale scelta contribuisce ad esacerbare le eventuali ragioni di conflitto. Tuttavia è d’uopo assicurarsi che chi compie una simile scelta sia consapevole dei rischi e delle implicazioni a lungo termine che questa comporta, e che si affidi ad un centro con alti standard di sicurezza igienico-sanitari.

Per un adulto, che invece possiede già una personalità strutturata, la scelta spesso risponde al desiderio di voler dichiarare la propria posizione rispetto al mondo, esteriorizzare il proprio modo di essere davanti agli altri o al bisogno di fermare il tempo ad un momento della vita, ad un evento o ad un nome importante da fissare indelebilmente sul corpo per timore quel ricordo possa essere dimenticato, rimosso dalla mente. Infatti i tatuaggi attingono a storie, emozioni, ricordi. Essi narrano, senza parole, della storia intima ed interiore di ciascuno, infatti rappresentano visivamente cambiamenti, amori, storie finite, conquiste raggiunte, speranze, desideri, aspirazioni, progetti. Il corpo è un foglio su cui prendere “appunti” da ricordare, da non dimenticare, anche se dolorosi, che rappresentano la propria interiorità dichiarando “io sono questo!”. Queste decorazioni rappresentano l’atto pratico che dà forma al potente e profondo desiderio di essere unici, diversi, al bisogno di affermare a livello visivo la propria diversità. Essi raccontano agli altri quello che si è, portano fuori quei vissuti personali di solito non espressi. Grazie all’opera di un tatuatore che riesce a dare forma ad una idea, ad un sentimento, ad una espressione dell’interiorità altrui, ciascuno, come self-editor, può trasformare la propria pelle in un libro pubblico su cui scrivere la propria storia rendendola subito disponibile e visibile a tutti. In tal modo vengono eliminati concetti come intimità e processo di conoscenza approfondita, che si può creare solo nel tempo. “Leggere” sull’epidermide come se essa fosse la copertina di un libro, fatta di colori “appealing”, di immagini “personalizzate”, risponde alla necessità di farsi conoscere a prima vista, tutto e subito, delegando al corpo la funzione di raccontare al proprio posto fornendo subito i titoli di copertina.

Il tatoo è diventato un fenomeno di costume che è uscito dagli ambiti ristretti di una specifica cultura underground per coinvolgere tutti i ceti sociali e tutte le età al punto da aver favorito la nascita della “psicologia del tatuaggio”. La neo disciplina studia il carattere delle persone in base ai simboli grafici impressi sulla loro pelle il cui significato va cercato nell’inconscio: la scelta del disegno, le sue dimensioni e della zona da tatuare danno informazioni rilevanti sull’individuo. Probabilmente anche la zona del corpo prescelta per imprimere un tatuaggio cela un suo significato: se l’area è molto visibile forse la persona vuole “urlare” un messaggio per farlo conoscere a tutti, se lo spazio invece è di ridotto o collocato in una zona più nascosta, probabilmente l’intenzione è di parlare di quell’aspetto di sé solo nell’intimità. In ogni caso per uno psicoterapeuta queste sono solo ipotesi, interpretazioni da verificare poiché non è possibile conoscere una persona da un segno sul suo corpo.

cfr. M. Cannavicci, “Psicologia del tatuaggio”,  edito sul sito POLIZIA E DEMOCRAZIA.



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