Emozioni

Emozioni

Il termine “emozione” deriva dal latino emovere, cioè muovere. La natura etimologica di questa parola ci introduce il concetto di cambiamento, infatti le emozioni che proviamo ci aiutano a reagire all’ambiente circostante che cambia continuamente, danno una coloritura al nostro comportamento e al nostro modo di approcciarci alle situazioni che viviamo. Inoltre, a livello evolutivo svolgono un ruolo fondamentale, poiché possono essere considerate dei veri e propri messaggi, il cui scopo è quello di segnalare e comunicare agli interlocutori la nostra reazione all’ambiente esterno. Le emozioni vengono definite come un insieme complesso di interazioni tra fattori soggettivi e oggettivi, che sono mediati dai sistemi ormonali e neuronali, i quali possono:

  • dare origine a esperienze affettive, come ad esempio il piacere o il dispiacere;
  • generare dei processi cognitivi, come degli effetti percettivi emozionalmente rilevanti oppure delle valutazioni cognitive o ancora dei processi di etichettamento;
  • attivare vari adattamenti fisiologici davanti a condizioni specifiche;
  • condurre a un comportamento che non sempre è espressivo o diretto a uno scopo o adattativo.

Molti studiosi si sono interrogati sulla natura del linguaggio emotivo – definibile come il sistema con cui le emozioni vengono etichettate e associate a dei termini – in particolare McDougall ha individuato una serie di istinti primari, ovvero una serie di necessità dell’individuo, e a questi ha associato le corrispondenti emozioni. Ad esempio, l’istinto della fuga era collegato secondo lui all’emozione della paura.
Questo tema ci porta alla distinzione tra emozioni primarie ed emozioni secondarie. Per emozioni primarie gli studiosi intendono quell’insieme di comportamenti e di reazioni emotive che possiamo definire basilari, uniche e non mediate. La classificazione più conosciuta di questa tipologia è quella del 1972 di Paul Ekman, il quale ha individuato 7 emozioni primarie, che sono quelle vissute in modo più frequente e che sono più facili da riconoscere, indipendentemente dalla cultura, dall’individuo, dal contesto sociale e dalla storia. Queste sono:

  • la felicità;
  • la paura;
  • il disprezzo;
  • la rabbia;
  • il disgusto;
  • la sorpresa;
  • la tristezza.

Ekman, studiando le relative dinamiche delle espressioni facciali, giunge alla conclusione che ognuna di queste emozioni si manifesta attraverso la contrazione degli stessi muscoli e con gli stessi movimenti del volto in individui provenienti da qualsiasi parte del mondo. Ciò dà vita alla teoria delle emozioni universali e innate.

Per quanto concerne le emozioni secondarie, invece, esse possono nascere da un incontro di più emozioni primarie. Sono quindi rielaborazioni dotate di significati sociali o versioni più complesse di un’emozione primaria. Le emozioni secondarie si manifestano con l’interazione sociale a partire dai due anni di età, il momento in cui un bambino sviluppa una prima forma di autocoscienza personale e di introspezione. Sono molteplici le emozioni che rientrano in questa categoria, tra queste compaiono la vergogna, la gelosia, l’orgoglio, il senso di colpa, l’invidia, la delusione, l’allegria, la speranza, la rassegnazione, l’offesa, la nostalgia e tante altre.

Come affermato precedentemente, le emozioni sono fondamentali dal punto di vista evolutivo, in quanto esse sono delle risposte adattive che aumentano le capacità di adattamento di un individuo al suo ambiente di riferimento, incrementando quindi le chance di sopravvivenza. Infatti, provare delle emozioni o assumere un comportamento emozionale permette agli esseri umani di interagire meglio sia con l’ambiente sia con altri soggetti, migliorando l’adattamento ai cambiamenti esterni. Possedere un bagaglio emozionale ci consente di preparare il nostro organismo a una azione di risposta corrispondente ad una situazione ambientale, fornendoci un vantaggio evolutivo.

Le emozioni sono strettamente collegate a quella che può essere definita un’elaborazione cognitiva e si manifestano attraverso un’attivazione fisiologica: ogni volta che esperiamo un’emozione viviamo una attivazione fisiologica a livello corporeo, come ad esempio l’aumento del battito cardiaco, la presenza di un’eccessiva sudorazione, un cambiamento nella respirazione, eccetera. A sua volta un’attivazione di questo genere comporta una lettura di tipo cognitivo, avviene un’analisi a livello mentale dell’emozione esperita.

L’azione delle emozioni avviene in due direzioni:

  • Verso l’interno perché comportano un’attivazione psicologica, un’elaborazione alla reazione e l’attivazione di una serie di pattern comportamentali;
  • Verso l’esterno dal momento che l’emozione non è solamente qualcosa che succede e perisce di per sé, ma viene comunicata anche all’esterno, originando un cambiamento.

Nella storia della filosofia le emozioni sono spesso state neglette, perché la filosofia occidentale si concentrava molto su quelli che erano gli aspetti razionali del tema. Uno dei primi ad affrontare questo argomento in ottica psicologica è James, il quale ritiene che normalmente le persone associano un certo stimolo ambientale a una risposta emotiva e a questa associano le reazioni. Ad esempio, un uomo che vede un animale pericoloso, si spaventa e poi inizia a tremare, sudare, aumenta la sua frequenza cardiaca, eccetera.
Negli anni 30 del 900, Cannon elabora una teoria contraria a quella di James, osservando che l’attivazione interna viscerale è molto aspecifica, dal momento che ad una stessa reazione corporea corrispondono più emozioni. Per Cannon alla percezione segue l’attivazione talamica e da questa partono in contemporanea sia l’attivazione degli stati corporei sia l’elaborazione.
Per quanto riguarda invece le teorie moderne in merito alle emozioni, esistono tre modelli principali:

  • Modello motivazionale
    Sviluppato da Tomkins, il quale distingue l’aspetto affettivo da quello motivazionale. Per Tomkins gli uomini hanno una serie di necessità mentali che possono o non possono essere collegate a un valore di tipo affettivo. Questa teoria viene successivamente sviluppata da Izard, il quale collega alle emozioni le espressioni facciali.
  • Modello cognitivo
    In questo caso l’accento viene posto sulle conoscenze del soggetto e sugli aspetti cognitivi consapevoli. Nel 1962 Schachter e Singer intraprendono un esperimento in cui somministrano dell’adrenalina ha una serie di studenti, provocando in loro un aumento del battito cardiaco e una serie di alterazioni fisiche importanti. Inseriscono gli studenti in contesti vari, in particolar modo in una stanza dove è presente un collaboratore che assume atteggiamenti euforici e in un’altra stanza, laddove invece li accoglie un collaboratore molto calmo. I soggetti sperimentali nel primo ambiente risultano essere molto agitati, al contrario i soggetti della seconda stanza non mostrano comportamenti emotivi di alcun tipo. Si deduce, dunque, la corrispondenza non tanto con lo stato fisico della persona, quanto con il contesto e le conoscenze che il soggetto ha di sé.
  • Modello evolutivo
    La teoria di questo modello si basa sull’aspetto adattivo delle emozioni e si concentra su due temi, ovvero sulla comunicazione e la lettura degli stati interni e sul concetto di emozioni come anticipatrici di un comportamento.

 



× Buongiorno come posso aiutarla?