Super Baby: Adulti Precoci

Super Baby: Adulti Precoci

I bambini sono sempre più precoci, svegli, intelligenti. Sottoposti ad una moltitudine di esperienze, messaggi, richiami, informazioni. Essere avanti, esibire competenze, prestazioni e conoscenze avanzate, interessarsi di questioni complesse, essere al passo con i tempi, somigliare presto ad un piccolo adulto, sono aspetti di cui i genitori sono orgogliosi e che il bimbo spesso segue adattandosi: tuttavia egli può imparare più di quanto sia in grado di comprendere ed elaborare a livello emotivo poiché la maturità cognitiva differisce da quella emotiva.

La mancanza della possibilità di esprimersi, di muoversi secondo modalità non programmate ma spontanee e naturali può avere inoltre effetti pericolosi sulla crescita (A. Oliverio Ferraris, “La sindrome Lolita, perchè i nostri figli crescono troppo in fretta”, Biblioteca Univ. Rizzoli, collana Best Bur, 2014). Tale iper-stimolazione può rendere un bambino confuso, insicuro, stressato ed angosciato dal peso delle aspettative irrealistiche che i genitori riversano su di lui, impossibilitato ad esprimere la sua fragilità “connaturata” nella sua condizione di infante, e non riconoscere ciò può farlo sentire inadeguato (provocando anche problemi di ansia, panico, difficoltà di apprendimento, depressione, disturbi alimentari, consumo precoce di psicofarmaci). Così l’infanzia si può trasformare in una negazione, in una contraffazione dei suoi aspetti più autentici.

Già nel 1981 il professor David Elkind nel suo libro “The hurried child: growing up too fast too soon” sottolineò come i genitori oggigiorno tendano a trattare i figli come fossero degli “adulti” non riconoscendo loro delle peculiarità infantili specifiche. Infatti essi fanno le stesse cose: grandi e piccoli hanno gli stessi comportamenti, come se avessero la stessa età (guardano la tv, giocano ai videogames, navigano su internet, si vestono, esprimono ed interagiscono nello stesso modo con gesti e parole). Si può ipotizzare un’alterazione dei ruoli dovuta al fatto che gli adulti declinano le loro responsabilità mentre i piccoli se ne devono assumere di più, in una sorta di contemporanea infantilizzazione dei grandi ed adultizzazione dei piccoli. In questo modo i bambini continuano ad esistere, ma si rischia di perdere l’infanzia poiché sembra non esserci più l’idea di cosa essa sia (Marina D’Amato, “Ci siamo persi i bambini. Perché l’infanzia scompare”, Ed. Laterza, 2014).

I figli dovrebbero imitare il mondo degli adulti nella simbolizzazione del gioco, riproporre le attività del quotidiano attraverso le attività ludiche, ma non essere dei piccoli adulti mascherati da bambini che fanno ciò che è troppo precoce per la loro età. Invece molti genitori, anche inconsapevolmente, tolgono ai figli la libertà ed il diritto ad essere piccoli spingendoli verso un’autonomia ed indipendenza precoci e pericolose. Bambini affrettati nella crescita ai quali sono attribuite competenze e capacità che in realtà non possiedono ancora. Bambini programmati, oberati di impegni scolastici e sportivi con un’agenda però priva di spazi per il tempo libero, il gioco spontaneo, la creatività espressiva, la noia, il silenzio, la leggerezza. Bambini che fanno tutto in modo finalizzato, per un obiettivo (che spesso non è il loro ma quello dei genitori), per una performance. Bambini poco seguiti, poco coccolati ed ascoltati nei loro bisogni di dipendenza e di rassicurazione anche perché l’attuale generazione di genitori preferisce delegare alle istituzioni scolastiche, alla tecnologia, ai media, ai giochi, la responsabilità di crescere, accudire, stimolare ed educare i figli. Più essi imparano velocemente e si rendono autonomi e più diminuiscono le preoccupazioni che danno ai loro genitori, i quali, spesso, non sono attrezzati a farsi carico delle responsabilità connesse al loro ruolo educativo. Si chiede insomma al bambino di esplorare il mondo per adattarsi alle sue richieste di rapida trasformazione e di plasticità nonchè di auto-realizzarsi ma secondo dei modelli pensati e formalizzati da persone adulte. In questo modo vi è sempre meno spazio per la condizione caratteristica dell’infanzia.



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