Mobbing ed Isolamento

Mobbing ed Isolamento

Il mobbing riguarda tutti quei contesti sociali nei quali una o più persone possono essere “bersagliate” e divenire vittime di ripetute angherie e comportamenti aggressivi, come a scuola o in famiglia. Esso però è soprattutto usato soprattutto in riferimento ad un contesto lavorativo dove può essere attuato sia da parte di un capo (mobbing verticale o bossing) che dai colleghi di lavoro (mobbing orizzontale). Il bossing è un insieme di abusi ed intimidazioni psicologiche perpetuate ai danni di un dipendente “sgradito” da parte di un diretto superiore gerarchico al fine di costringerlo a licenziarsi riducendo i tempi di tale eliminazione e non dovendo sottostare alle leggi sancite dal diritto del lavoro o alle clausole contrattuali. Il mobbing orizzontale invece tende a screditare la reputazione di un lavoratore mettendo in crisi la sua posizione lavorativa. In tale modo nella vittima si attiva un lento e progressivo processo psicologico di emarginazione e frustrazione crescente che lo pongono in un perpetuo stato di ansia rendendogli sempre più difficile recarsi quotidianamente al lavoro e svolgere al meglio le sue mansioni.

 

Il tratto tipico del mobbizzato è l’isolamento poiché esso si sente incompreso e solo di fronte al suo nemico, in una situazione senza via d’uscita in cui non sa come e perché è entrata (E. Harald, M. Lancioni, “Stress e mobbing”, Bologna,1998, Ed. Pitagora). Per la vittima il mobbing significa problemi di salute, legati alla somatizzazione della tensione nervosa (nervosismo, palpitazioni, tremori, difficoltà respiratorie, problemi di espressione, gastriti e disturbi digestivi), insonnia (incubi, sonno interrotto). Il mobbing causa spesso al mobbizzato anche danni finanziari a causa della perdita dello stipendio in conseguenza del licenziamento e per via delle numerose e costose visite mediche specialistiche a cui si sottopone. Non da meno sono i danni di tipo sociale dovuti al crollo della immagine sociale e la perdita di colleghi, di collaboratori o di amici che non sopportano il suo l’umore depresso o del partner che se ne va convinto che sia un fallito.

L’esperienza clinica e la ricerca (E. Harald, “Mobbing – Cos’è il terrore psicologico sul posto di lavoro”, Bologna,1996, Ed. Pitagora) mostrano che non esiste un quadro sintomatologico di mobbing preciso perché ogni persona sviluppa un sintomo o una sindrome differenti in reazione alle medesime strategie mobbizzanti, quindi l’intervento psicologico serve per comprendere gli effetti specifici del mobbing sul singolo individuo ed eliminare le cause che lo alimentano che sono:

– senso di isolamento che, sul luogo di lavoro, è attivamente perseguita dal mobber;

– senso di colpa perché la vittima si crede responsabile per quanto gli accade: la violenza del mobber appare così irrazionale che, per darle un senso, la vittima è portata a cercarne le cause nel proprio comportamento, in modo da attribuire un significato alle continue prevaricazioni. Inoltre il mobbing ferisce l’autostima della vittima e la espone a sentimenti di inadeguatezza e inutilità così da rinforzare auto-attribuzioni di colpevolezza;

– vergogna provata per il fatto di essere oggetto di prevaricazioni sul luogo di lavoro può spingere la persona a nascondere i sintomi del proprio disagio, a mentire circa il suo umore e le sue condizioni di salute, a limitare la sua partecipazione alla vita sociale. Questo le impedisce di reagire adeguatamente, di cercare aiuto e di cambiare i propri comportamenti;

– la rabbia sottesa al vissuto di vendetta può tradursi in azioni distruttive contro il mobber che alimentano il conflitto,  o peggiorano ulteriormente l’immagine della vittima, che corre il pericolo di licenziamento o di un’azione legale.

Il migliore strumento per difendersi da tale senso di inadeguatezza è sapere riconoscere quando una condotta può costituire una reale minaccia poiché si struttura come una modalità relazionale cristallizzata ed intervenire chiedendo l’aiuto di un terapeuta. Purtroppo spesso all’inizio la vittima non ha consapevolezza che i suoi problemi possono essere riconducibili alla sua situazione lavorativa e alla sequela di vessazioni ed umiliazioni (spesso subdole ed indirette), subite oppure si vergogna di essere succube e ciò ritarda la richiesta di intervento terapeutico che si attua quando si sono già strutturati i sintomi che alterano il suo equilibrio socio-emotivo e psico-fisico. Nei casi più gravi il mobbing può contribuire allo sviluppo di molti disturbi psicosomatici, psicopatologici (come depressione, disturbi d’ansia, disturbo post-traumatico da stress) e comportamentali poiché l’intera vita del soggetto può essere compromessa. È molto importante intervenire con urgenza per interrompere il meccanismo del mobbing prima che esso possa provocare disturbi clinici permanenti ed un circolo vizioso che incrementa nel soggetto le sue difficoltà di adattamento, la scarsa autostima e la percezione di non riuscire a gestire la quotidianità.



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