Internet e Dipendenza

Internet e Dipendenza

Mentre sembra crescere la sensibilità verso l’individuo e l’attenzione per la tutela della sua privacy, in controtendenza aumentano a dismisura le possibilità di ledere la stessa. Negli ultimi anni la vita di ogni persona può uscire dall’anonimato mettendosi in mostra in rete per regalare un momento di notorietà, un lampo di fama a tempo determinato, illusorio, infondato ma attraente. Questo “gioco” porta all’estinzione della dimensione del privato, abolisce il privilegio dell’esclusività, condanna la sfera intimistica del “solo per sé”, dell’unicità, del riserbo discreto per i propri dati sensibili. Ora si dà prova della propria esistenza iscrivendosi almeno ad un social network, chattando nei blog, intervenendo nei forum dedicati on line. Si è se si partecipa alla blogosfera! (Giuseppe Lavenia, “Internet e le sue dipendenze. Dal coinvolgimento alla psicopatologia”, Franco Angeli Editore, Milano 2012).

La legge della visibilità sembra ormai aver pervaso ogni aspetto del vivere sociale tanto che ogni sfera umana vi è soggetta: non si mantengono contatti amicali se non si passa attraverso una connessione internet, non si hanno comunicazioni professionali se non sono mediate attraverso la consultazione di un sito. Apparire rappresenta l’opportunità di esistere, mostrarsi e mostrare diventano i nuovi obblighi del mondo “social”, postare è l’imperativo dominante del virtuale, condividere permette di rimembrare il proprio nome alla folla animata da una curiosità superficiale tanto da far dipendere il proprio esserci e sentirsi benvoluto dai “mi piace” dei followers. Più si è noti e più si diventa schiavi di internet. Se si esiste solo se si compare sulla rete, ciò fornisce il permesso di infrangere ogni vincolo di tutela, di abbattere ogni barriera del privato tanto che nessun momento è più secretato, ogni istante è dato in pasto attraverso video, selfie. Miliardi di immagini e informazioni vengono riversate su ogni supporto tecnologico, come un fiume in piena, creando un traffico di stimoli visivi senza precedenti. Il nuovo motto è “vedere per credere”. Un eccesso di stimoli visivi però -in linea con le leggi commerciali della domanda-offerta-, ne riduce così tanto il valore da rendere ogni singola immagine irrilevante, quasi inesistente. La profusione di stimoli visivi è come un virus dilagante impossibile da arginare e senza antidoto perchè essi entrano a forza nella vita di tutti portando l’individuo sempre più lontano e distante da sé, rendendolo estraneo dentro di sè. Infatti si dedica maggiore tempo ed interesse all’altro e al suo mondo, a ciò che sta fuori, ci si fa attrarre dalla possibilità di identificarsi nell’altro per potersi dimenticare di aver cura del proprio mondo interno, perdendosi. ( Federico Tonioni,“Psicopatologia web-mediata”, Springer Verlag, Milano 2013).                                                                                                                                                                      La società tecnologica (tecnocratica?) è in grado di generare prima uno stato di bisogno per poi saziarlo. Essa stimola in flusso perpetuo uno smisurato appetito voyeristico nella massa spinta da una fame che resta insaziabile poichè non si nutre, non metabolizza, ma fagocita ed espelle immediatamente ogni materiale; è un’umanità famelica di continui flussi di informazioni ed immagini che la rende sempre più dipendente, legata, richiedente, capricciosa. Questa popolazione come un bebè, esige vedere, sapere, conoscere, partecipare, condividere, vivere tutto in tempo reale, indipendentemente che un argomento interessi o meno e la tecnica gli fornisce gli strumenti ed i supporti attraverso cui, come un biberon sempre colmo, ricevere (Kimberly S. Young, “Presi nella rete. Intossicazione e dipendenza da Internet”, Calderini, Bologna 2000).



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