DISTURBI DEL LINGUAGGIO: DEFINIZIONE E CAUSE

DISTURBI DEL LINGUAGGIO: DEFINIZIONE E CAUSE

Nella sua accezione più generale, il linguaggio verbale viene definito come la facoltà esclusiva dell’essere umano di esprimersi attraverso dei suoni che combinati tra di loro formano delle parole.
L’acquisizione del linguaggio avviene secondo un processo subconscio e spontaneo di apprendimento, che comprende sia la componente attiva – relativa alla produzione – sia la componente passiva, cioè la comprensione.

I fattori che svolgono un ruolo importante nell’apprendimento del linguaggio sono molteplici; innanzitutto è necessario che le regioni cerebrali interessate alla funzione (ovvero l’area di Broca e Wernicke) siano integre, al fine che l’individuo possa elaborare le informazioni a livello del SNC, acronimo che sta per Sistema Nervoso Centrale. Oltre all’integrità appena citata, è essenziale che il soggetto disponga di una funzione uditiva normale. In secondo luogo, diventa fondamentale esporre il bambino apprendente alla lingua della propria comunità e far sì che le sue interazioni sociali siano significative.

Strettamente collegati alla facoltà esclusivamente umana sono i disturbi del linguaggio, o DL, i quali consistono nell’impossibilità di produrre e/o comprendere il linguaggio. Si notano dunque difficoltà nel linguaggio recettivo e in quello espressivo che possono essere contemporanee o indipendenti. Soffrire di un disturbo di questo genere ha delle conseguenze a livello sociale, in quanto la comunicazione è il fulcro della nostra vita quotidiana, è ciò che ci permette di relazionarci e interagire con gli altri, ci consente di esprimerci e condividere informazioni, pensieri e necessità.
Il primo passo per riconoscere i disturbi del linguaggio è escludere altre cause, quali la sordità o deficit uditivi, disabilità intellettive, anomalie circoscritte all’apparato orale o altre sindromi.

Quali possono essere i segnali di DL?

Per quanto concerne il linguaggio recettivo l’individuo potrebbe avere difficoltà a comprendere semplici parole e costrutti più complessi, ne consegue quindi una difficoltà a memorizzare parole ed ampliare il proprio vocabolario.
Spostando il focus dell’attenzione sul piano espressivo, si possono riscontrare delle criticità nell’emissione di suoni fin dai primi anni dell’infanzia e una atipica espressione linguistica rispetto alla normale morfosintassi. In sostanza, si incorre in un’omissione di suoni, in una loro sostituzione o in una modifica e in una formazione scorretta di frasi, eliminando elementi fondamentali, quali verbi o articoli.

Possono essere individuati dei fenomeni predittivi del disturbo di linguaggio:

  • Mancata lallazione vocalica e consonantica tra i 5 e i 10 mesi;
  • Assenza di gesti sia referenziali sia deittici tra i 12 e i 14 mesi;
  • Presenza di un vocabolario ridotto, un lessico molto povero comprendente meno di 20 parole fino ai 18 mesi e meno di 50 parole fino ai 24 mesi di età;
  • Dai 24 ai 30 mesi presenza di un ritardo nella decodifica linguistica di ordini non contestuali;
  • Assenza di gioco simbolico nei mesi compresi tra i 24 e i 30.

I principali tipi di DL secondo il DSM-5, cioè il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, sono del linguaggio in senso generale, fonetici fonologici, della fluenza linguistica e della comunicazione sociale.
Tra i disturbi del linguaggio più diffusi, figurano:

  • la disfasia, definibile come una difficoltà nel linguaggio in forma scritta e in forma orale (e nella lettura). La disfasia può essere evolutiva o acquisita, a seconda della sua origine. La prima si manifesta quando il bambino inizia a comunicare e, non derivando da altri disturbi, le sue cause sono sconosciute. La seconda, invece, è il risultato di un danno cerebrale e provoca un linguaggio di tipo ipoproduttivo, che è quindi notevolmente ridotto;
  • la dislalia, è anche conosciuta come disturbo fonologico, in quanto si tratta di una pronuncia alterata delle parole, i cui suoni vengono sostituiti da altri, distorti, omessi o aggiunti. La dislalia, la cui causa è una disfunzione, è uno dei disturbi più comuni dell’infanzia;
  • la disfemia, comunemente chiamata balbuzie, è un disturbo della fluenza che compare nell’infanzia, a partire dai tre anni e gli otto anni. Chi è affetto da balbuzie ha difficoltà nella fluenza e nel ritmo di un discorso, infatti un individuo balbuziente emette spasmi nell’atto di pronunciare una parola. Avviene, dunque, un’interruzione del ritmo ordinario della comunicazione. È curioso però osservare come la persona disfemica non balbetta quando recita un testo appreso a memoria, quando canta e quando parla da sola. Ciò ci suggerisce quanto la balbuzie sia un disturbo strettamente connesso all’ansia sociale.
  • la aprassia è il disturbo del linguaggio conseguente a una malformazione degli organi coinvolti nella produzione linguistica: labbra, lingua, denti, eccetera.
  • Infine, bisogna menzionare la disartria, facente parte dei DL, in quanto dovuta a una lesione del sistema nervoso. La disartria corrisponde alla difficoltà di produrre parole per dei problemi neurologici.

Nella diagnosi volta a individuare la presenza di uno dei disturbi del linguaggio viene coinvolta una equipe di professionisti, che comprende uno psicologo, un neuropsichiatra infantile e un logopedista. Dopo aver raccolto tutte le informazioni relative allo sviluppo linguistico, comunicativo e psicomotorio del paziente, si passa alla valutazione dello stesso tramite un’osservazione diretta e attraverso una serie di test standardizzati. In sostanza, per diagnosticare un DL ci si avvale di:

  • Un’anamnesi;
  • Una raccolta con conseguente analisi di una o più conversazioni spontanee;
  • Una somministrazione di questionari a cui devono rispondere i genitori del bambino;
  • Un’osservazione dei momenti di gioco che può essere libero o strutturato;
  • Un insieme di verifiche pre strutturate.

Al paziente affetto da disturbi del linguaggio, può esser consigliato un trattamento riabilitativo basato su un percorso di logopedia e su vari interventi indiretti, quale ad esempio il Parent Coaching, in cui i genitori diventano dei protagonisti che svolgono un ruolo attivo nella riabilitazione linguistica del proprio figlio, grazie a strategie psicoeducative che fornisce loro uno specialista.



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