Bulimia Nervosa e BED

Bulimia Nervosa e BED

La bulimia nervosa ha come nucleo psicopatologico l’eccessiva importanza attribuita al peso, alla forma del corpo e al controllo dell’alimentazione.

La  bulimia nervosa è caratterizzata da abbuffate (ingestione di una quantità di cibo significativamente superiore a quella che la maggior parte degli individui assumerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili, caratterizzato dalla sensazione di perdere il controllo durante l’abbuffata) ed inappropriate condotte compensatorie, almeno 1 volta alla settimana e per 3 mesi per prevenire l’aumento di peso a seguito di un episodio di abbuffata (vomito autoindotto; abuso di farmaci come lassativi e diuretici; digiuno; attività fisica eccessiva). Inoltre c’è un’eccessiva influenza del peso e della forma corporei sui livelli di autostima dell’individuo.

La bulimia ha due sottogruppi distinti dall’uso, o meno, delle condotte di eliminazione (vomito autoindotto o abuso di lassativi o diuretici). Il secondo sottogruppo non ne fa uso, e queste pazienti tentano di controllare il peso attraverso l’esercizio fisico o mangiando poco o digiunando.

Molte persone che hanno crisi di abbuffate compulsive esercitano costantemente un intenso sforzo su sè stesse per seguire la ferrea dieta che si sono imposte. La persona pensa di dover seguire le regole alla lettera e sperimenta un senso di fallimento ogni volta che mangia di più rispetto a ciò che le regole permettono. Questo tipo di regime alimentare autoimposto, severo e rigido (pensiero tutto o nulla) , inevitabilmente genera ripetuti vissuti di fallimento, i quali innescano nella persona una profonda delusione che la demoralizza ed attiva una feroce auto-critica, che spesso  sfocia nell’abbuffata. In molti casi tale crisi bulimica è seguita da disfunzionali comportamenti di compensazione quali vomito auto-indotto, uso improprio di lassativi e diuretici (purging), oppure da digiuno o esercizio fisico eccessivo finalizzato a compensare le calorie ingerite durante l’abbuffata.

La vita di un bulimico quindi oscilla tra momenti in cui ingerisce migliaia di  calorie in poche ore sentendosi preda di una fame incontrollata, ed essendo incapace di arginare l’impulso a mangiare senza limiti né freni, e momenti in cui seguono tentativi di sbarazzarsi degli alimenti ingeriti tramite  vomito autoindotto o uso di lassativi o  diuretici in conseguenza dei sensi di colpa che lo abbattono e deprimono. Si tratta di una  dipendenza  con conseguenze devastanti sulla vita e sulla psiche ( Matteo Pacini, Dipendenza da cibo. Comprendere le origini dei disturbi alimentari a partire dalla biologia dell’appetito, Caravaggio Editore, 2017). Fame ed appetito sono elementi differenti: la dieta si rivolge alla fame, ma è l’appetito che risponde e ciò può portare a diventare dipendenti da un piacere che si trasforma in schiavitù angosciosa e fonte di sofferenza ed infelicità. In ciò la cultura non viene in soccorso con i suoi doppi messaggi: inonda di tentazioni ed abbondanza alimentare ma contemporaneamente richiede di tenere a freno gli istinti, di non cadere in tentazione. Chi è bulimico può sentirsi ancora più solo di chi soffre di altri disturbi alimentari perché tende ad avere una fisicità normale e quindi a passare inosservato, a non dare nell’occhio, a non stimolare dubbi sulle sue condizioni psicofisiche da parte degli altri. Se da una parte ciò lo tutela non rendendolo visibile, dall’altra lo fa sentire abbandonato al suo malessere, non visto né aiutato.

La bulimia è una psicopatologia complessa, multifattoriale e il suo approccio terapeutico deve essere interdisciplinare, con la collaborazione di competenze professionali diverse (internisti, nutrizionisti, psichiatri, psicologi clinici, dietisti) tenendo sempre compresenti la componente somatica e quella psichica.

La Binge Eating Disorder (BED) è una condizione di grave sovrappeso od obesità (IMC uguale o superiore a 30), causato da fattori psicologici in assenza di cause mediche o genetiche. E’ caratterizzato da abbuffate almeno 1 volta alla settimana per 3 mesi, non seguite da condotte di eliminazione o di controllo del peso di alcun tipo. In tale quadro c’è scarso interesse mostrato verso il peso e la forma fisica. L’assenza di controllo del peso sbilancia questo disturbo tutto sul versante dell’impulsività alimentare, rendendolo in qualche modo diverso dagli altri disturbi alimentari. Il BED presenta molte caratteristiche analoghe alla bulimia nervosa, con episodi di abbuffate, senza però adottare i comportamenti compensatori tipici di quest’ultima (vomito, abuso di lassativi o diuretici o digiuno) infatti la persona consuma smodate quantità di cibo può però ricorrere ad esercizi fisici intensi per smaltire le calorie ingerite. Nel binge eating i soggetti mangiano molto velocemente, spesso fino a sentirsi male, pur non percependo lo stimolo della fame. Le abbuffate sono attività svolte in solitaria per non sentirsi imbarazzati ad essere osservati e giudicati da altri mentre assumono ampie quantità di cibo, Dopo l’eccesso però la persona prova disgusto per è stessa, senso di colpa o profondo disagio per la propria mancanza di autocontrollo.

Una variante di questo disturbo alimentare, chiamata night-eating sindrome, si caratterizza per anoressia diurna ed  insonnia notturna che può essere sconfitta soltanto assumendo grosse quantità di cibo (bulimia notturna).

L’obesità causata da un’alimentazione incontrollata può avere diverse funzioni: essere un mezzo di difesa, una di barriera protettiva che il soggetto adotta per mettersi al riparo dal mondo esterno, per mantenere gli altri ad una certa distanza da sé; oppure permette alla persona di non apparire attraente e quindi di essere evitata mettendosi al riparo dalle ansie legate alla relazione e alla sessualità. Il cibo può essere usato per colmare un vuoto, per riempirsi e sentire di esistere, di essere “una persona di peso”, con una posizione ed un ruolo: grazie alla sua massa si sente vista dagli altri, tenuta in considerazione. Il cibo può anche essere usato come strumento di autoaggressione, di punizione, di distruzione di sè: ci si iper-alimenta mangiando fino a scoppiare e a stare male.

Chi soffre di questo tipo di disturbo si definisce “perdente” e non ha stima di sé, all’interno della propria famiglia è etichettato e si percepisce come fallito e succube, davanti alle sfide della vita preferisce scegliere la resa, le emozioni che lo caratterizzano sono la vergogna e l’inadeguatezza.

Il binge eating è innescato da alti livelli di emozioni negative ed ha la funzione di mitigarne gli effetti: si mangia per godere del potere gratificante del cibo che permette un appagamento immediato, in tal modo si riesce a fronteggiare e gestire uno stato emotivo sgradevole auto producendosi un subitaneo senso di benessere, gratificazione e rilassamento. Così facendo si riconosce nel cibo l’unico stimolo appagante a cui attingere invece di cercare altri tipi di risposte positive inoltre la persona non apprende a riconoscere i suoi stati emotivi cercandone una soluzione più adeguata. Ciò può poi indurre a pensare che la propria vita sia regolata da qualcosa al di fuori del proprio controllo e quindi di non avere le risorse per controllare gli stimoli ambientali e per gestire stati emotivi negativi, che pertanto potrebbero essere vissuti come intollerabili.

Il binge eating disorder è una psicopatologia complessa, multifattoriale e il suo approccio terapeutico deve essere interdisciplinare, con la collaborazione di competenze professionali diverse (internisti, nutrizionisti, psichiatri, psicologi clinici, dietisti) tenendo sempre compresenti la componente somatica e quella psichica.



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